Un evento del 23 Novembre 2013



Oggi su Rai 1 un'intervista molto coinvolgente con Don Aniello Manganiello , un uomo non retorico

e che opera concretamente nella difficile realtà di Scampia.

ApertaMente ha avuto il piacere e l'onore di invitarlo a Imperia





Duccio Demetrio: la religiosità della terra



Mercoledì 11 novembre, ore 20.45, Biblioteca Civica, incontro col Professore Duccio 

Demetrio, docente di Filosofia dell'educazione e di Teorie e pratiche della narrazione a 

Milano Bicocca, fondatore della Libera Università dell'autobiografia di Anghiari. Titolo

 "Dalla cura di sé alla cura del mondo"

Vi aspettiamo numerosi!!






Questa terra, unica certezza per ognuno di noi, seppur seppellita sotto il cemento, non più 

toccata perché considerata sporca, obbligata alla schiavitù e a prostituirsi, ci permette di 

esistere, di sopravvivere e di riprodurci; è più del nulla, anzi ne è l'opposto"


da "La religiosità della terra" di D.Demetrio, 2013

Duccio Demetrio: Dalla cura di sé alla cura del mondo




Mercoledì 11 novembre, ore 20.45, Biblioteca Civica, incontro col Professore Duccio 

Demetrio, docente di Filosofia dell'educazione e di Teorie e pratiche della narrazione a

 Milano Bicocca, fondatore della Libera Università dell'autobiografia di Anghiari. Titolo 

"Dalla cura di sé alla cura del mondo"

Riccardo Mandelli : presentazione allo Spazio vuoto del libro"le case del destino"






Venerdì 23 ottobre 2015, alle ore 21, presso Lo Spazio Vuoto, via Bonfante 37, Galleria degli Orti, Imperia, l’Associazione “ApertaMente”, in collaborazione con la Libreria Libri al Mare (ex Assolibro),ha proposto al pubblico, numeroso e interessato, il libro “Le case del destino” presentato dal giornalista de “La Stampa” Maurizio Vezzaro.
Presente l’autore, Riccardo Mandelli, professore di Filosofia e Storia del Liceo G.P.Vieusseux, storico e scrittore. Tra i suoi libri ricordiamo: L’ultimo sultano. Come l’Impero ottomano morì a Sanremo (Lindau 2011); Al casinò con Mussolini. Gioco d’azzardo, massoneria ed esoterismo intorno all’ombra di Matteotti (Lindau 2012); Decreti sporchi. La lobby del gioco d’azzardo e il delitto Matteotti (Giorgio Pozzi 2015); Sanremo tenebra. Cento anni di delitti e misteri nella città del Festival, Philobiblon, Ventimiglia 2015 (con Romano Lupi).










Nel suo libro Mandelli ha ricostruito in particolare le vicende dei quattro principali casinò nella tradizione del gioco nel nostro paese. Con stile narrativo e rigorosa documentazione d’archivio, ha raccontato come la storia d’Italia, anche culturale, si sia spesso giocata sui tavoli verdi delle “case del destino”.
Un’organizzazione internazionale di biscazzieri, che comprende parenti di sangue di sovrani e capi di Stato europei, cerca di impiantare casinò in tutta l’Italia con l’appoggio di un uomo politico che ha rivestito le più alte cariche istituzionali, perfino quella di presidente del consiglio. Incredibile? No, tutto vero. E siamo solo all’inizio, alla cosiddetta belle époque. Quando scoppia la guerra, un altro capo del governo italiano, secondo molti affiliato alla mafia, fa costruire una grande casa da gioco a scopo di spionaggio. Finito il conflitto, il suo gestore diventa uno dei principali sponsor del nuovo movimento politico che si oppone al “contagio” sovietico delle masse proletarie. Dietro, a tirare i fili senza apparire sulla scena, nell’industria dell’azzardo e nella politica, c’è la più importante banca del paese. A questo punto saremo meno sorpresi di scoprire che nelle pieghe del delitto Matteotti svolgono un ruolo fondamentale gli affari che uniscono gli uomini del governo con industriali, faccendieri e tenutari di bische.
Quando finisce l’era di Mussolini, la strada degli intrecci finanziari, politici e criminali che caratterizzano le maggiori vicende storiche nazionali nel periodo della Guerra fredda è ormai spianata. E infatti, caduto il Muro, torna evidente la parentela originaria tra capitalismo e gioco d’azzardo, dividendo il mondo tra chi sta dalla parte del banco e chi è costretto a elemosinare i gettoni della speranza.











Alcune pagine tratte dal libro di Riccardo Mandelli: LE CASE DEL DESTINO





"L’Italia dei comuni e degli stati regionali aveva sempre oscillato tra la tentazione di sfruttare a fini erariali la devozione verso la dea bendata e la necessità di difendere una serie di principi morali con riflessi importanti sull’ordine pubblico. Anche se la «tassa sulla speranza» sembrava l’unico tributo pagato volentieri dai cittadini, alla fine era prevalsa l’opzione proibizionista: le istituzioni civiche si erano orientate di preferenza verso le lotterie, molto meno soggette a effetti collaterali rispetto a dadi e carte da gioco. Genova iniziò a regolamentare il lotto nel 1634, codificando l’usanza di scommettere sull’elezione dei senatori. Il sistema genovese si diffuse negli altri stati italiani, soppiantando le lotterie preesistenti. In Piemonte, a Venezia, nello Stato pontificio e a Napoli, ai nomi dei candidati a cariche pubbliche si sostituivano quelli delle ragazze povere da marito, estratte periodicamente a sorte per ricevere una somma come dote. L’unico “casinò” aperto legalmente nella penisola, tra il 1638 e il 1774, rimase così il celebre Ridotto di Venezia, teatro delle avventure di Casanova e Lorenzo Da Ponte.
Dovettero passare alcuni decenni piuttosto densi prima che un altro governo – il ducato di Lucca – ritentasse l’esperimento di una casa da gioco. Nel 1837 Carlo Lodovico di Borbone concesse a Carlo Adriano Mathis il permesso di esercitare per nove anni «il faraone, la rossa e la nera» a Bagni, nella frazione di Ponte a Serraglio. Nel ‘39 Mathis fu affiancato dal socio Edoardo De Ginestet; i due ricevettero un’estensione della licenza per Viareggio. Il gioco imperversò per qualche anno tra la comunità straniera e tra gli aristocratici italiani che iniziavano a seguire la moda del soggiorno climatico. La gente scrollava intanto la testa, mormorando che non si erano mai viste prima così tante calamità naturali. Nel 1846 il duca ordinò la chiusura dei circoli «per problemi di ordine pubblico». I biscazzieri lo citarono in giudizio. L’anno dopo Carlo Lodovico si diede alla fuga, incalzato dai liberali, e il suo trono venne assorbito in parte dalla Toscana, in parte da Modena. La vertenza con Mathis e soci, ereditata dal Regno d’Italia, si concluse solo nel 1870.
Nessun casinò, né a Bagni di Lucca né altrove: il nuovo Stato, in quel delicato settore, aveva deciso di muoversi con i piedi di piombo, ribadendo i divieti contenuti nel codice sardo. L’unica iniziativa riguardava non a caso il lotto, riordinato dal punto di vista legislativo nel novembre 1863.
Gli altri paesi europei procedevano in ordine sparso, sulla base di esigenze e situazioni differenti. Lo sfruttamento commerciale del gioco d’azzardo andava di pari passo con lo sviluppo dell’industria turistica. François Blanc, l’ideatore di Bad Homburg e di Montecarlo, aveva individuato nella triade albergo-terme-casinò il modello vincente, capace di assecondare le principali dinamiche della psiche umana: un comodo centro di soggiorno, un polo dedicato alla salute e uno all’autodistruzione. All’inizio la “cura” climatica o termale rappresentava un rimedio disperato contro la tubercolosi, ma con l’avanzare del secolo e il miglioramento delle cognizioni scientifiche il concetto si era esteso fino a sfumare in quello di svago, divertimento, benessere, relax. Sull’Adriatico si era fatto promotore del nuovo paradigma Paolo Mantegazza, medico e antropologo, autore di volumi come La fisiologia dell’amore, Le estasi umane, Il dio ignoto. Mantegazza, che da buon epicureo identificava il bene con il piacere, voleva introdurre nello stabilimento balneare uno spirito gioioso e liberatorio che gli appariva improponibile se si continuava a considerarlo come una succursale del sanatorio. Sotto la sua direzione, Rimini inaugurò nel 1873 un tempio di Igea e un grandioso Kursaal, ovvero «salone di cura», il nome pudicamente riservato ai luoghi in cui, tra un concerto e una festa, si giocava d’azzardo. Presto molte spiagge adriatiche e tirreniche ne seguirono l’esempio."

…………………………………………………………………………


"Campione chiuse i battenti nel marzo 1939, quando la guerra aleggiava nell’aria come un incubo e il feldmaresciallo del Reich Hermann Göring poteva concedersi qualche settimana di relax a Sanremo, giocando moderatamente e sfoggiando divise immacolate. Nel giugno 1940, con l’ingresso dell’Italia nel conflitto, si fermò il casinò ligure. Quello di Venezia lo seguì poco dopo. Con l’occupazione del Principato di Monaco da parte del nostro esercito, l’unico casinò “italiano” attivo rimase Montecarlo. Dal novembre 1942 i tedeschi restarono anche lì padroni assoluti del campo. Il 15 maggio ’43 un siluro lanciato da un sottomarino inglese contro un’unità nemica esplose sulla scogliera e danneggiò «una casa da gioco»: lo Sporting d’Été, supponiamo. Il tenente James R. Drummond, che comandava il sommergibile, si guadagnò la fama di The man who broke the bank at Monte Carlo, come nella vecchia, popolare canzone dedicata a un giocatore che aveva sbancato quel casinò. Nel ‘44 Drummond sprofondò negli abissi con tutto il suo equipaggio.
Dopo la liberazione il paese ribolliva di soldati e civili uniti da una gran voglia di dimenticare le sofferenze degli ultimi anni: musica, alcol, risse, vendette, fame, prostitute, ruffiani, volontà di riscatto, progetti di rivoluzione sociale. E gioco d’azzardo. «Il paese, oggi, è una sola bisca, dalla Alpi alla Sicilia» protestava alla fine del ‘45 il ministro dell’Interno, il socialista Giuseppe Romita, davanti alle delegazioni di Sanremo, Venezia, Rapallo, Viareggio, Gardone ecc. che bussavano al suo ufficio reclamando il riconoscimento dei vecchi diritti in materia di gioco o la concessione di nuovi. In quel momento i casinò più o meno in regola saranno stati almeno quaranta, senza considerare le innumerevoli bische improvvisate. Si gettavano sul tappeto le Am-lire, la valuta introdotta dagli americani. Il ventunenne Eugenio Scalfari diresse per qualche tempo una casa da gioco a Chianciano Terme. Suo padre, funzionario del casinò di Sanremo, aveva ricevuto dalle autorità l’incarico di soddisfare le richieste che piovevano da tutta Italia, ma non riusciva a trovare nessuno per Chianciano: «Lui non voleva, insistetti sostenendo che tutto quello che sapevo me lo aveva insegnato con i suoi racconti», racconta il fondatore di “Repubblica”. «Alla fine si convinse. Chiesi in cambio due smoking, uno bianco e uno nero».
A Sanremo il Comitato di liberazione nazionale aveva aperto una sala da gioco all’Hotel Vittoria e Roma; un’altra, a cura dell’Associazione reduci dalla prigionia, era al Caffè Milano; una terza, allestita dall’Associazione partigiani, allo stabilimento balneare Morgana, mai veramente decollato come replica dello Sporting monegasco. Il casinò municipale restava sbarrato. Non che mancasse la volontà di schiodarne le vecchie porte, ma prima c’erano da risolvere alcune questioni. Angelo Belloni reclamava i diritti della concessione Sait, che non sarebbe scaduta prima del ‘48. Il Cln gli rinfacciava di averla ottenuta dal fascismo, cosa che Belloni non poteva ovviamente negare, ma nemmeno rimproverarsi: tutti i membri della Sait vantavano, chi più chi meno, benemerenze antifasciste. Negli anni del regime pochi avevano notato i loro sentimenti libertari, ma appena possibile si erano schierati dalla parte giusta, tanto che «nessun rilievo politico o morale poteva essere mosso nei loro confronti». Lo stesso Belloni, simulando fedeltà al regime, aveva in segreto ripetutamente aiutato la Resistenza; suo figlio Maurizio aveva guidato un gruppo di partigiani con il nome di battaglia di comandante Spina…"


La Stampa: In un libro del professor Mandelli, «Le Case del destino», in 318 pagine la storia dei casinò italiani

Spie, biscazzieri e Cosa Nostra in un libro del professor Mandelli in 318 pagine la storia dei casinò italiani


Nel libro si parla di Joe Adonis, nella foto segnaletica sopra, della polizia americana; sotto l’autore de «Le case del destino», il professor Riccardo Mandelli, in basso l’altro mafioso interessato al gioco d’azzardo come business, ovvero Frank Costello

19/10/2015
MAURIZIO VEZZARO
IMPERIA

«Il Casinò di Sanremo? È l’università del malaffare». Lo diceva negli Anni ’90 l’allora prefetto d’Imperia Giuseppe Piccolo. La frase fece scandalo e finì sulle prime pagine dei quotidiani nazionali. Se Piccolo avesse letto il libro uscito per i tomi di Odoya dal titolo «Le Case del destino», sulla storia dei casinò italiani, avrebbe avuto ulteriori motivi per ribadire quanto affermato. Il professore di filosofia al Vieusseux Riccardo Mandelli, storico, ne è l’autore. Presenterà l’opera venerdì alle 21 allo Spazio Vuoto, in Galleria degli Orti a Oneglia. Nelle 318 pagine, corredate di foto, alcune inedite, come dice il sottotitolo è condensata la storia di «Uomini, fatti e segreti dell’industria del gioco d’azzardo in Italia dalla fine dell’800 a oggi». Si parla tanto di Liguria e non solo per il casinò di Sanremo, ma per quelli abortiti di Ospedaletti e Bordighera, per le mille bische clandestine di cui era costellata la Riviera. Tra i personaggi spuntano biscazzieri e politici locali, spesso in combutta tra loro, elementi di spicco di Cosa Nostra americana come Joe Adonis e Frank Costello ma anche insospettabili come il campione di ciclismo Maspes, capace di stare in equilibrio da fermo, sulla bici, per ben 32 minuti (impareggiabile fu la radiocronaca di Paolo Valenti): chi avrebbe detto che il campione era un accanito giocatore che lasciò una fortuna sui tavoli da gioco? Spassoso, se non fosse che comunque era un uomo capace di spostare gli equilibri mediorientali finchè ne ebbe la possibilità, il capitolo che narra le vicende di re Faruk, altro giocatore incallito. Ogni pagina del libro trasuda retroscena e aneddoti, ciascuno dei quali potrebbe meritare un capitolo o un libro a sé.  





Ci sono, come nel più classico dei romanzi gialli (ma è tutto vero, ahimè), tanti morti misteriose e non è un caso se parte dei proventi del casinò di Campione d’Italia andassero al ministero dell’Interno, che li stornava sui nostri servizi segreti (quanto deviati?). Nelle vicende del casinò di Sanremo s’intrecciano anche quelle del Festival di Sanremo, come se le due istituzioni legassero a sé, in un abbraccio mortale, la città dei fiori. Il libro si chiude con un capitolo sui videopoker: prodromico a un secondo volume? Mandelli, che ha la capacità di raccontare cose con la capacità documentaristica dello storico e la facilità di emozionare del romanziere; ha scritto altri libri tra cui «Sanremo tenebra», cent’anni di delitti nella Città dei fiori, o, sempre in tema di gioco d’azzardo, «Decreti sporchi: la lobby del gioco d’azzardo e il delitto Matteotti» e ancora «Al casinò con Mussolini. Gioco d’azzardo, esoterismo e massoneria intorno all’ombra di Matteotti». Sua anche la biografia dell’ultimo sultano dell’Impero turco, morto (un’altra morte piena di misteri), in esilio a Sanremo. Indubbiamente Imperia ha un brillante storico in casa ma forse sono in pochi a saperlo. 









RICCARDO MANDELLI: LE CASE DEL DESTINO Uomini, fatti e segreti dell’industria del gioco d’azzardo in italia dalla fine dell’ottocento a oggi


Venerdì 23 ottobre 2015, ore 21 presso  Lo Spazio Vuoto, via Bonfante 37, Galleria degli Orti, Imperia   Maurizio Vezzaro, giornalista de “La Stampa”, presenta il libro di Riccardo Mandelli:
Le case del destino. Uomini, fatti e segreti dell’industria del gioco d’azzardo in Italia dalla fine dell’Ottocento a oggi





Un’organizzazione internazionale di biscazzieri, che comprende parenti di sangue di sovrani e capi di Stato europei, cerca di impiantare casinò in tutta l’Italia con l’appoggio di un uomo politico che ha rivestito le più alte cariche istituzionali, perfino quella di presidente del consiglio. Incredibile? No, tutto vero. E siamo solo all’inizio, alla cosiddetta belle époque. Quando scoppia la guerra, un altro capo del governo italiano, secondo molti affiliato alla mafia, fa costruire una grande casa da gioco a scopo di spionaggio. Finito il conflitto, il suo gestore diventa uno dei principali sponsor del nuovo movimento politico che si oppone al “contagio” sovietico delle masse proletarie. Dietro, a tirare i fili senza apparire sulla scena, nell'industria dell’azzardo e nella politica, c’è la più importante banca del paese. A questo punto saremo meno sorpresi di scoprire che nelle pieghe del delitto Matteotti svolgono un ruolo fondamentale gli affari che uniscono gli uomini del governo con industriali, faccendieri e tenutari di bische.
Quando finisce l’era di Mussolini, la strada degli intrecci finanziari, politici e criminali che caratterizzano le maggiori vicende storiche nazionali nel periodo della Guerra fredda è ormai spianata. E infatti, caduto il Muro, torna evidente la parentela originaria tra capitalismo e gioco d’azzardo, dividendo il mondo tra chi sta dalla parte del banco e chi è costretto a elemosinare i gettoni della speranza.
Un libro che ricostruisce soprattutto le vicende dei quattro principali casinò nella tradizione del gioco nel nostro paese. Con stile narrativo e rigorosa documentazione d’archivio, Mandelli ci racconta come la storia d’Italia, anche culturale, si sia spesso giocata sui tavoli verdi delle “case del destino”.


AUTORE

Riccardo Mandelli è storico e scrittore. Tra i suoi libri ricordiamo: L’ultimo sultano. Come l’Impero ottomano morì a Sanremo (Lindau 2011); Al casinò con Mussolini. Gioco d’azzardo, massoneria ed esoterismo intorno all’ombra di Matteotti (Lindau 2012); Decreti sporchi. La lobby del gioco d’azzardo e il delitto Matteotti (Giorgio Pozzi 2015); Sanremo tenebra. Cento anni di delitti e misteri nella città del Festival, Philobiblon, Ventimiglia 2015 (con Romano Lupi).

Le case del destino: recensione di CheDonna, sezione Libri


Oggi, CheDonna, per la categoria Libri, vi propone una novità: Le case del destino.
La materia trattata in questo saggio potrebbe ispirare mille romanzi, tanto la storia delle case da gioco italiane è ricca di personaggi che pescano nel torbido e “capitalisti di ventura” con amicizie potenti.


Nel 1884, grazie al fatto che il prefetto aveva “chiuso un occhio”, nacque Villa Sultana: il primo casinò dell’Italia unita. Questa casa da gioco, non a caso, era situata tra le province di Sanremo e di Bordighera: in quel periodo l’impulso alla creazione di tali case venne visto come un’abile mossa di   marketing turistico per contrastare la concorrenza della Costa Azzurra,dove si giocava in svariate sale legali. Ingenuità o sete di denaro spinsero addirittura Luigi Pelloux a chiedere al prefetto di Porto Maurizio, il barone Vittorio Menzingher,  di essere negligente nei confronti degli impresari che volevano dedicarsi alla costruzione di nuovi poli del gioco d’azzardo. La legislazione in merito alle case da gioco italiane è piuttosto lacunosa, lo è sempre stata; storicamente retate efferate si sono susseguite a laissez- faire dalla creazione di Villa Sultana ai giorni nostri, tanto che la lobby degli imprenditori dell’azzardo non ha mai smesso di spingere affinché alcune aree fossero eccettuate dal divieto. In questo tira e molla si susseguirono periodi di successo degli imprenditori dell’azzardo a periodi di repressione del gioco. Durante la prima guerra mondiale si legalizzò il casinò di Campione; quello di Merano, invece, fu attivo tra il 39 e il 40 e poi ancora tra il 45 e il 46. L’idea dei governanti italiani era quella di usare questi posti come collettori di rivelazioni utili a scopo militare, dopotutto la storia di Mata Hari rivelava l’estrema utilità delle spie camuffate da frequentatrici di tavoli verdi.
Mussolini fece più che un pensiero all'appianare i propri debiti (contratti per l’ingresso trionfale in politica) con i proventi delle licenze per l’azzardo. Fu proprio Giacomo Matteotti a portar avanti il proposito di un’inchiesta sulle concessioni autostradali, petrolifere e legate al gioco d’azzardo  che macchiavano di corruzione i fascisti: sostiene l’autore che forse sarebbe stato il caso di approfondire la materia dell’indagine del parlamentare assassinato nel 1924, invece di dipingerlo semplicemente come un martire del fascismo.
Di fatto dal 1926 e fino ai giorni nostri l’eccezione alla regola all'illegalità del gioco d’azzardo si è vissuta solo in quattro casinò “di frontiera”, indagati approfonditamente dall'autore:  Sanremo col suo Kursaal; Campione d’Italia (in territorio svizzero, ma gestito da italiani) ; Saint Vincent col Casinò De la Vallée in Val d’Aosta e il casinò di Venezia, ahimè macchiato dalle vicende del prestito a tasso di usura che valse milioni di lire alla mafia del Brenta col famoso colpo del 1981.
Chiaramente Mandelli non si limita alla descrizione dell’emersione di case legali, ma si occupa anche della succosa storia delle case da gioco illegali che costellavano tutta la penisola, ma che, soprattutto negli anni Sessanta, avevano i propri massimi esponenti nei “circoli” di Milano e Taormina. A queste case si collegava spesso e volentieri la criminalità organizzata di ogni risma e le simpatiche “joint venture” liguri degli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, ormai un triste ricordo di fronte alla violenza e a gli interessi crescenti di boss senza scrupoli. 
Ma al di là della massoneria italiana, Mussolini, Matteotti, Maometto VI, Lucky Luciano, Buscetta, Adonis e gli altri “vip”, Mandelli snocciola nomi e storie di impresari sconosciuti ai più, fornisce dati e organigrammi delle società, piccoli aneddoti di vittorie e sconfitte nell’ambito di un settore che ha proliferato sempre in un’area grigia tra legalità e illegalità le cui storie, spesso davvero intriganti, sono strettamente connesse alle vicende cronachistiche ed economiche del nostro Paese. Tutto vero, compresi i metodi con cui si barava. Tutto certosinamente ritrovato negli articoli di giornale delle varie epoche e nelle carte delle questure, e reso in una prosa vorticosa, ricca di storie e personaggi.

 La storia sociale definitiva delle case da gioco nostrane che mancava, ora c’è.

Riccardo Mandelli : LE CASE DEL DESTINO allo SPAZIO VUOTO








Venerdì 23 Ottobre alle ore 21.00 a Imperia presso il teatro Lo Spazio Vuoto Riccardo Mandelli presenterà :
 LE CASE DEL DESTINO.

L’evento è organizzato dall’Associazione culturale ApertaMente Imperia in collaborazione con la Libreria Libri al Mare ( ex Assolibro). Vi aspettiamo numerosi!!


 Il libro raccoglie una serie di documenti aperti al pubblico ma mai pubblicati che testimoniano il rapporto tra stato italiano e gioco d'azzardo in un lungo percorso storico che si intreccia con vicende di servizi, mafia, politica finanza ecc ecc. 

"Dopo averlo scritto io personalmente ho acquistato una nuova visione dell'attualità, anche al di là della questione gioco, e spero che gli eventuali lettori possano trarne un certo utile. "  ( Riccardo Mandelli)


RICCARDO MANDELLI attraverso la sua produzione più importante

Un'organizzazione internazionale di biscazzieri, che comprende parenti di sangue di sovrani e capi di Stato europei, cerca di impiantare casinò in tutta la nostra penisola con l'appoggio di un uomo politico che ha rivestito le più alte cariche istituzionali. E siamo solo all'inizio, alla cosiddetta belle epoque. Quando scoppia la guerra, un capo del governo affiliato alla mafia costruisce una grande casa da gioco a scopo di spionaggio. Finito il conflitto, il suo gestore diventa uno dei principali sponsor del nuovo movimento politico che si oppone al "contagio" sovietico delle masse proletarie. A tirare i fili senza apparire sulla scena, nell'industria dell'azzardo e nella politica, è la più importante banca del paese. A questo punto saremo meno sorpresi di scoprire che dietro al delitto Matteotti, che ha consegnato il nostro paese a vent'anni di dittatura fascista, svolgono un ruolo fondamentale gli affari che uniscono gli uomini del governo con industriali, faccendieri e tenutari di bische. L'era di Mussolini finisce, ma la strada degli intrecci finanziari, politici e criminali che caratterizzano le maggiori vicende storiche nazionali del secondo dopoguerra è ormai spianata. Caduto il Muro, la parentela originaria tra capitalismo e gioco d'azzardo torna evidente, dividendo il mondo tra chi sta dalla parte del banco e chi è costretto a elemosinare i gettoni della speranza.






 Perché è stato ucciso Giacomo Matteotti? L'ipotesi più accreditata indica nell'incendiario discorso antifascista tenuto alla Camera la causa più probabile. Un'ipotesi diversa, che ha accumulato ormai tanti indizi da essere diventata quasi una certezza, riguarda invece la serie di "affari sporchi" su cui Matteotti stava indagando, affari che coinvolgevano uomini di governo e lo stesso fratello di Mussolini: residuati bellici, concessioni petrolifere e gioco d'azzardo. A ridosso del rapimento, il 10 giugno 1924, quasi nessuno indicava la pista del delitto politico. I giornali di tutto il paese puntavano il dito sul nuovo quotidiano fiancheggiatore, il "Corriere Italiano", crocevia di tangenti e di finanziamenti occulti per il partito. Ma c'era un problema: il fascismo stava facendo affari con i massimi livelli del sistema finanziario nazionale, e colpire il duce significava coinvolgere la più grande banca del paese, che a sua volta era un'importante articolazione del capitalismo internazionale. E soprattutto questa copertura che ha permesso a Mussolini di salvarsi. La stessa che ha impedito di accertare la verità anche dopo la caduta del regime, quando le forze finanziarie coinvolte nella morte di Matteotti diventarono protagoniste della rinascita repubblicana. Il mito dell'eroe che tutto aveva sacrificato in nome dei suoi ideali poteva e doveva bastare alla nuova Italia.







  Al casinò con Mussolini è il punto di arrivo di una vasta ricerca sull'industria dell'azzardo e sugli ambienti finanziari, politici e culturali da cui questa traeva linfa nei primi decenni del secolo scorso. La documentazione restituita dagli archivi fornisce risultati sorprendenti, talvolta sconcertanti. Scelto un osservatorio privilegiato come Sanremo, la traccia si lascia seguire negli intrighi spionistici della prima guerra mondiale, nell'oscura gestazione del fascismo e nell'ambiguo atteggiamento del regime verso le forze che controllavano su scala internazionale il business della roulette. Prima di essere rapito e ucciso, Giacomo Matteotti stava indagando sugli ultimi decreti legge emanati da Mussolini, che riguardavano le concessioni petrolifere e la liberalizzazione del gioco d'azzardo. E intorno agli affari legati ai due decreti ruotarono le ipotesi subito avanzate dai giornali per spiegare la sua scomparsa; solo più tardi prese piede la versione che fosse stato assassinato a causa della coraggiosa denuncia di brogli e violenze elettorali fasciste. Il libro ricostruisce lo sfondo del delitto che ha consegnato il paese a venti anni di dittatura e che rappresenta quasi l'archetipo di tutti i misteri irrisolti della sua storia. La morte di Matteotti è però solo la più tragicamente famosa tra quante costellano un lungo cammino in cui si affiancano progetti politici, finanziari ed esoterici, senza che spesso sia possibile decifrare l'ordine di precedenza







Il 20 maggio 1923, in treno e sotto scorta, l'ultimo sultano-califfo dell'Impero ottomano arriva a Sanremo e si installa, per quella che crede la parentesi di un breve esilio, nella villa già abitata da Alfred Nobel. Maometto VI coltiva la speranza di tornare in patria da vincitore e attende il crollo di Mustafa Kemal, il generale che lo ha detronizzato e ha fondato una nuova Turchia. Per tre anni l'esule lavora alla realizzazione del suo obiettivo. La sua corte è popolata da spie, mogli infedeli, eunuchi ubriaconi, feroci circassi con il demone della roulette, parenti spericolati e un medico depresso che un giorno viene trovato con un proiettile nella testa. Suicidio o omicidio? A chi toccherà la prossima volta? Cosa sta succedendo all'ombra del grande parco contiguo a quello dove vive il piccolo Italo Calvino? La magistratura italiana inizia caute indagini e i carabinieri intensificano la sorveglianza della villa. Riccardo Mandelli ricostruisce in questo libro una storia in cui si intrecciano le trame britanniche per assicurarsi il petrolio iracheno e abolire l'istituzione panislamica del califfato, le velleità coloniali del fascismo, la strenua lotta di Ataturk per creare uno stato laico. Attraverso la storia di Maometto VI Vahdeddin e l'agonia del grande impero che da secoli incombeva sull'Europa appaiono in una luce sorprendente le contraddizioni che ancora oggi lacerano il Medio Oriente voluto dalle potenze occidentali dopo la prima guerra mondiale.

Riccardo Mandelli: LE CASE DEL DESTINO