Organizzato da ApertaMente, incontro con Vito Mancuso, il 3 dicembre,
ore 21, Auditorium Camera di Commercio, Imperia. Presenta Vittorio Coletti
Come ormai da qualche tempo, anche quest’anno, dal 2
al 4 dicembre, Vito Mancuso terrà a Palazzo Ducale il suo corso intensivo di
teologia, per il quale sono già aperte le iscrizioni. Mai come questa volta vi
si discuterà un tema entusiasmante e provocatorio, annunciato dal formidabile
libro che Mancuso ha appena pubblicato da Garzanti: Dio e il suo destino. Con
la generosità e la passione intellettuale che lo contraddistinguono, il teologo
si accinge infatti a dichiarare finita l’idea di Dio che ha caratterizzato le
religioni del Libro, ebraismo, cristianesimo e islam, basate su un’immagine di
Dio come entità onnipotente radicalmente distinta dal mondo che ha creato,
misterioso responsabile quindi di tutto, dell’inizio e della fine, del bene e
del male.
MANCUSO propone una nuova immagine di Dio, data
dal suo coinvolgimento nella vicenda del mondo che egli ha originato e con il
quale, però, non coincide, essendo anche il superiore fine di ordine e armonia
(logos) cui l’universo tende dalla sua immensa complessità cosmica (caos).
Questa nuova idea di Dio si sviluppa dal riconoscimento delle due logiche che
governano l’esistenza, quella del senso e del bene e quella dell’assurdo e del
male, e della loro rispettiva imprescindibilità: sono vere entrambe e contemporaneamente.
Dio deve dar conto di questa costitutiva contraddizione del creato e lo può
fare solo assumendola in se stesso, entrando anche lui nella vicenda di bene e
di male, di gioia e di dolore, di senso e di assurdità, di stelle e buchi neri,
ma garantendo, in questo modo, anche alla negatività e al dolore una ragione,
che è, per il cosmo, quella dell’indeterminazione e, per l’uomo, quella della
libertà di scegliere tra bene e male, perché se tutto fosse già perfetto non ci
sarebbe né evoluzione né libertà di scelta, non essendovi ragione per
modificarlo. Mancuso crede in questo nuovo Dio perché ritiene di dover optare
per il bene e per la giustizia, di dover cercare nel caos della natura e nelle
sofferenze della storia quella via dell’ordine armonioso e giusto che solo la
più avanzata delle creature conosciute, l’uomo, è in grado di vedere e volere.
La sua teologia ha un così forte fondamento etico che il libro è dedicato a don
Andrea Gallo e si chiude nel ricordo della sua istintiva, candida percezione di
un Dio “antifascista”, che si batte cioè costitutivamente per la giustizia
contro la sopraffazione e l’iniquità in tutte le loro forme. Mancuso archivia
il Dio monarca cattivo dei vecchi monoteismi, oggi venerato soprattutto dall’
islam come si è appena visto nella strage di Parigi, e porta a conseguenze
radicali il Dio fraterno del nuovo cristianesimo di papa Francesco, un Dio
disseminato nella creazione, di cui condivide la potenza e la fragilità e alla
quale indica (non coincidendo quindi con essa, ma restando oltre,
trascendendola) la strada, la meta della perfezione, del bene e della
giustizia. Farà molto discutere questo libro, perché smonta integralmente la
teologia occidentale, archivia i dogmi, ridimensiona i culti e i riti,
proponendo un Dio che è mescolato nel suo universo e lo condivide con l’uomo e
le altre creature, estremo, radicale frutto teologico della grande intuizione
cristiana del Dio incarnato, fatto natura biologica e storia umana. Mancuso
riprende ovviamente il suo precedente lavoro teologico, perché questa nuova
concezione di Dio non si darebbe senza un ripensamento (da lui fatto in altri
libri) dell’uomo e della vita alla luce delle nuove scoperte scientifiche, che
indurrebbero a cogliere l’anima spirituale dell’uomo nel surplus di energia che
lo caratterizza e lo mette, unica tra le creature note, in condizione di
operare liberamente, assecondando o ostacolando la tensione all’armonia, alla
complessità ordinata, al bene, al giusto, che percorre l’universo e la nostra
esistenza. Mancuso è un intellettuale onesto oltre che un teologo
straordinariamente preparato: si dichiara credente ma non nasconde che la
religione in questo nuovo Dio istituisce un legame diverso tra Dio e l’uomo, in
cui ognuno, l’uomo e Dio, è responsabile dell’altro. Non c’è dubbio che solo
dal cristianesimo moderno, così ispirato ai principi del bene e della
giustizia, alla protezione dei deboli e ora anche della natura, poteva
svilupparsi una teologia che cambia radicalmente i connotati del Dio
tradizionale e propone un nuovo Dio, personale e cosmico, ricco di amore
distribuito e di dolore condiviso. Il Dio di Mancuso è trinitario perché
costituito di relazioni, col mondo naturale e con gli uomini: «trinitas esprime
la relazione quale dimensione prima e ultima della realtà».
Basterà questa coraggiosa novità teologica a
salvare Dio dal suo destino, che lo fa o troppo cattivo e potente, braccio
armato del sempiterno delirio di potenza, o così tenue e lontano da sparire
dall’orizzonte dell’uomo occidentale, che sempre più ne fa oggi a meno,
rinunciando a chiedersi ragioni e direzione della vita e puntando solo sui beni
materiali, senza attesa e voglia di bene e di giustizia? Non lo so. Non lo sa,
onestamente, neanche Mancuso, che ammette che la sua fede in questo Dio nasce
da una decisione morale per il bene e il giusto, per la pace, prima che dalla
riflessione teologica. Mancuso sa che si può amare la vita, il bene, l’ordine
armonioso, la pace e la giustizia e non cercare Dio per spiegarli, ma è
convinto che solo la misura assoluta della trascendenza garantisca la tenuta di
questi valori morali e cosmici. Senza il pensiero di Dio, secondo lui, bene e
giustizia restano appesi a un filo troppo fragile: perché si dovrebbero
cercare, con la fatica che comportano, anche quando, poniamo, sarebbe molto più
comodo e redditizio infischiarsene? Sta qui la generosità morale di questa
teologia rivoluzionaria, che non si ferma di fronte a nessun rischio
conoscitivo perché crede in un progetto di bene, di senso, in una creazione
continua, bisognosa di incessante perfezionamento e miglioramento da parte di
Dio e da parte dell’uomo. Mancuso si rivela figlio maturo del cristianesimo
proprio nel momento in cui ne congeda gran parte della storia e della teologia:
solo un cristiano convinto può infatti avere ancora tanta fiducia nell’uomo
da
puntare sulla sua ansia di senso, di armonia, di bellezza, di bene, piuttosto
che sulla sbadataggine ottusa in cui a me sembra purtroppo, oggi come non mai,
immerso. Ma una cosa è certa, dopo l’orrore di Parigi, e il libro di Mancuso la
insegna con coraggio: bisogna ripudiare il dio potente e oscuro nel cui nome si
è ucciso, si uccide e ci si uccide, rispuntato imprevedibilmente dal Medioevo
teologico nel XXI secolo ad armare i nuovi fondamentalisti.