Sabato 11 ottobre, ore 18,
presso Lo Spazio Vuoto, ApertaMente ha organizzato l'incontro con
Giuseppe Conte e
Vittorio Coletti
per la presentazione del libro "Il male veniva dal
mare"
In
questo suo nuovo romanzo Giuseppe Conte compone in una felice miscela, da una
parte, la sua tradizionale vocazione per il mito classico e il mare e,
dall'altra, un rinnovato piacere del racconto, affidato stavolta a un'efficace
trama gialla. Mai viste meduse invadono il mare di Nizza e bloccano la partenza
di una nave troppo grande dell'inquietante e strapotente compagnia Arcano.
Nello stesso tempo sulla spiaggia approdano i cadaveri martoriati di due
giovani donne. Inizia così una galoppata narrativa a perdifiato in cui i modi e
ritmi del noir si mescolano con un originale impianto fantastico, perché la
singolare e inaudita natura di quelle meduse non sarà estranea alla vicenda di
male e delitti di cui il libro si compone. Indagano tanto il poliziotto
ufficiale (sempre più frastornato e infelice) quanto improvvisati investigatori
(un giovane cronista di colore, un senza tetto, la giovane figlia di un
gallerista) e via via agli occhi del lettore si svela il mistero di atroci
iniquità che lega lo sconvolgimento naturale alla malvagità umana e il filo di
dolore e violenze che unisce da un lungo passato i protagonisti della vicenda.
Il tutto in un continuo e crescente succedersi di colpi di scena in puro stile
poliziesco e di progressiva immersione nel fantastico che ricorda 1Q84 di Murakami. Perché Conte passa da un
ordine delle cose realistico e persino documentario (anche troppo a volte, come
la terminologia biologica) a un ordine meraviglioso e surreale, in cui sono
protagoniste la giustizia della natura e l'implacabilità delle sue punizioni.
Qui scatta il mito, dalleMetamorfosi di
Ovidio alle Meduse di Rubens o Böcklin al Minotauro di Picasso, a corroborare il versante
fantastico del libro di quel retroterra culturale caro a Conte, la cui estetica
del mito è più consapevolmente artistica e letteraria che ingenuamente
ecologista. Il risultato è un romanzo di alta leggibilità, con una prodigalità
narrativa che da tempo non si vedeva nelle pagine di uno scrittore italiano:
forse ce n'è persino troppa. Il libro rilancia continuamente sul piano della
trama e si permette anche di perdere poco oltre la metà uno dei protagonisti
(il perfido Arcano, titolare dell'omonima compagnia di navigazione e
smaltimento di rifiuti tossici) perché ha ancora un'infinità di frecce
avvincenti al suo arco. Tra queste ci sono persino riporti leggeri ma riconoscibili
e gustosi dall'attualità politica, come alcuni membri della corte del
ricchissimo presidente, tra cui spiccano un servile e astuto giornalista che si
chiama (attenzione) Ravenna, e un ambizioso e nanerottolo senatore Viola, nel
quale si potrebbe intravedere la caricatura di un noto politico. Il romanzo è
gremito di personaggi ben disegnati, dal terribile e perverso Arcano, alle sue
perfette e addirittura meccaniche guardie del corpo, dal giovane cronista
coraggioso al comandante di nave donnaiolo che ha conosciuto il padre del
ragazzo e pagherà anche lui con la vita quello che ha casualmente scoperto;
dalla segretaria fredda e malvagia del presidente alla generosa e appassionata
Asal, che sarà il braccio armato della vendetta del mare; da Marlon, senzatetto
di grande sensibilità, al commissario sgomento che si autodistrugge sentendosi
impotente di fronte all'enormità del male. E infiniti altri, pescatori,
scienziati, portinaie, donne di fede, preti, quasi uno spreco di volti e ruoli,
ben definiti e quasi tutti funzionali. E, come se non bastasse, il finale è
incredibile, apocalittico e spettacolare, senza consolazione; una triste fine
con una scelta di sorprendente fantasia, in cui si apprezza il rifiuto di
scorciatoie moralistiche, che inducano a pensare che la reazione della natura
ai misfatti umani sia sempre giusta e buona. È solo tristemente spiegabile.
Vittorio Coletti